I Pronto soccorso sono sicuri

Paolo Pinna Parpaglia
L'ESPERTO RISPONDE. Il dottor Paolo Pinna Parpaglia risponde alla domanda di un utente e rassicura sui modelli organizzativi che si stanno mettendo in campo.

SASSARI 8 giugno 2020 – È la domanda che in tanti si sono fatti in questo periodo di emergenza sanitaria: ma i Pronto soccorso sono sicuri? È da qui, sembra quasi potersi dire, che in questi periodi si misura la fiducia degli utenti.
A questa domanda risponde oggi il dottor Paolo Pinna Parpaglia (56 anni), responsabile della Medicina d’urgenza dell’Aou di Sassari.

Dottore in questi mesi di emergenza sanitaria non mi sono recato al pronto soccorso per paura di possibili contagi. Ma i Pronto soccorso sono sicuri?

Certamente lo sono. Da un certo punto di vista l’emergenza Covid ha drammaticamente messo in evidenza tutti i limiti di una sanità frazionata e di un sistema dell'emergenza per troppo tempo trascurato. Credo che tutti abbiano compreso quanto invece sia strategico, non solo in situazioni di maxiemergenza.

Ecco allora che, dall’altra parte, proprio in questi mesi abbiamo rapidamente imparato ad operare parallelamente su 2 fronti, il fronte Covid ed il fronte ordinario.
Si è lavorato incessantemente, e lo si fa tuttora, per trovare soluzioni volte a garantire un elevato standard delle prestazioni in emergenza e urgenza e, nel contempo, proteggere pazienti e operatori dal rischio di contaminazione.

Oggi stiamo sviluppando modelli organizzativi che tengono conto di queste 2 esigenze assistenziali distinte e concatenate. Abbiamo preso coscienza del fatto che in futuro i percorsi dell’emergenza non potranno più essere quelli che abbiamo conosciuto fino a ieri e chi si recherà oggi in un Pronto soccorso troverà dei cambiamenti che, probabilmente, faticherà a percepire come positivi. Ci aspettiamo quindi una maggiore condiscendenza rispetto al passato.

Di certo non potremo più permetterci di vedere i Pronto soccorso e i reparti sovraffollati. L'assistenza sanitaria oggi è ancora eccessivamente ospedalocentrica (si ha percezione che le cure siano migliori se erogate in ospedale) e questa visione conduce a un uso improprio degli ospedali e a una ripartizione poco efficiente delle risorse. La componente territoriale dell’assistenza dovrà, per contro, essere messa nelle condizioni di dare risposte adeguate.

Questa drammatica esperienza ci ha insegnato che la sanità pubblica è un bene da sostenere incondizionatamente e che l’emergenza-urgenza ha un gran bisogno di investimenti per essere messa nelle condizioni di riorganizzarsi con modelli adeguati alle attuali esigenze e non farsi trovare impreparata di fronte alle sfide future.