Nell'aula magna dell'Ateneo sassarese la struttura complessa di Ginecologia e Ostetricia dell'Azienda ospedaliero universitaria ha organizzato una conferenza-lezione sulla malattia che colpisce in Italia quasi 3 milioni di donneSassari 29 aprile 2022 - Una
malattia subdola, con aspetti misconosciuti per la sua complessità, che colpisce la donna, la vita della famiglia, le relazioni sociali. Una patologia che richiede un
approccio multidisciplinare che deve coinvolgere diversi specialisti, da quelli ospedalieri a quelli che operano sul territorio, dal ginecologo al radiologo, dall'urologo al chirurgo generale, dall'anatomopatologo all'epidemiologo e allo psicologo.
L'
endometriosi, che in Italia colpisce circa 3 milioni di donne, è stata al centro della conferenza-lezione organizzata dalla struttura complessa di
Ginecologia e Ostetricia dell'
Azienda ospedaliero universitaria sassarese, su richiesta degli studenti del Sism Sassari, che si è svolta questo pomeriggio nell'aula magna dell'Università di Sassari.
Al tavolo dei relatori si sono alternati
specialisti dell'Aou, dell'
Asl di Sassari e rappresentanti dell'
associazione delle donne che si occupano di questa malattia.
Una patologia che, sino a quasi 20 anni fa, aveva una
ritardata diagnosi mentre adesso trova una attenzione particolare da parte degli esperti del settore. Il suo andamento cronico e la pressoché costante presenza di dolore fanno sì che tale patologia rappresenti una delle maggiori condizioni invalidanti per la donna.
L'endometriosi - è stato detto - è complessa, sia dal punto di vista diagnostico sia terapeutico, per i diversi stadi della malattia e per i diversi approcci. Una patologia che interessa la donna in età fertile e, spesso, è gravata da una patologia invalidante. Una malattia infiltrante che può interessare anche altri organi.
La conferenza-lezione in aula magna
In apertura dei lavori, il direttore della struttura di Ginecologia e Ostetricia, professor
Giampiero Capobianco, ha detto come l'endometriosi sia appunto una malattia sociale, perché colpisce la vita della famiglia, delle relazioni sociali che necessita di un approccio multidisciplinare, che vede nel ginecologo l'attore principale. "Ma questa non è solo una malattia del dolore, è anche la malattia della fertilità della donna, è la patologia che si cronicizza".
"Una malattia invisibile - ha detto il professor
Andrea Piana, prorettore dell'Ateneo turritano - una malattia che pregiudica la qualità della vita, quella sociale e sessuale. Una patologia con alti costi sociali e sanitari".
Insomma un
quadro complesso, quello descritto durante la conferenza, che richiede
interventi mirati, una continua
ricerca scientifica e una attività di
comunicazione e informazione, per mantenere alta l'attenzione e farla uscire dalla sua "invisibilità". Sull'aspetto della necessaria comunicazione scientifica si è soffermato anche il professor
Pier Andrea Serra, vice presidente del dipartimento di Medicina, Chirurgia e Farmacia.
Particolarmente sentito l'intervento di
Francesca Fasolino, rappresentante dell'associazione
Alice, che oltre a porre l'accento sul ruolo delle associazioni delle donne per parlare della malattia, ha anche esposto la sua esperienza di malattia. La presidente dell'associazione femminile ha raccontato la sofferenza del percorso affrontato dalla stessa: 15 anni di mancate risposte, 4 interventi in due anni, per arrivare alle complicazioni neurologiche che, nel 2020, l'hanno costretta a un impianto di rimodulazione midollare.
Il professor
Pier Luigi Cherchi ha sottolineato come la malattia sia evoluta nel tempo, "quasi come un tumore", diventando sempre più grave e che impone trattamenti che devono essere fatti da chirurghi di riferimento.
"Affidare il trattamento a specialisti di centri esperti - ha detto il professor
Salvatore Dessole - consente di evitare danni iatrogeni".
Dessole ha rimarcato, inoltre, la necessità di evitare diagnosi ritardate di questa malattia, "della quale non si conoscono le cause ma che possono derivare da inquinanti ambientali ma anche da cosituazioni genetiche o di altra natura".
Al tavolo dei relatori si sono succeduti il professor
Giovanni Sotgiu, presidente della struttura di raccordo della Facoltà di Medicina e Chirurgia, che ha parlato della epidemiologia della malattia endometriosica. La dottoressa
Stefania Casula, psicologa ospedaliera dell'Aou, che si è concentrata sul ruolo dello psicologo, mentre del ruolo dell'anatomo-patologo ha parlato il professore
Antonio Cossu, direttore di Anatomia Patologica. Il ruolo dell’ecografia ginecologica, dell'ecografia transvaginale, di quella transrettale e della sonovaginografia sono stati gli argomenti esposti dal dottor
Mario Farina della Ginecologia e Ostetricia dell'Aou di Sassari. Quindi ancora,
Paola Crivelli, della Radiologia dell'Aou, ha parlato del ruolo del radiologo. Il professor
Massimo Madonia, direttore della struttura di Urologia dell'Aou, ha concentrato il suo intervento sulla patologia e l'aspetto urologico. L'endometriosi intestinale e il ruolo del chirurgo generale sono stati i temi trattati dal dottor
Pier Luigi Tilocca della Patologia Chirurgica dell'Aou.
"L'endometriosi: quali terapie?" è stato il titolo delle relazione di
Marco Petrillo ricercatore dell'Università di Sassari.
A chiudere gli interventi sono stati
Roberto Pietri, responsabile dei Consultori familiari dell'Asl di Sassari e di
Margherita Dessole medico del consultorio che hanno parlato prioprio del ruolo “cruciale” dei consultori.